Il tema dei c.d. strumenti di controllo (ossia di quei dispositivi o strumenti dai quali potrebbe derivare la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori) è regolato dall’art. 4 della L. 300/1970 (rubricato “Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo”), che – nella versione vigente al seguito delle modifiche apportate dal Jobs Act (nello specifico dal D. Lgs. 151/2015 e dal D. Lgs. 185/2016) – prevede:

  1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti di cui al primo periodo possono essere installati previa autorizzazione delle sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, della sede centrale dell’Ispettorato nazionale del lavoro. I provvedimenti di cui al terzo periodo sono definitivi.
  2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
  3. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

In sostanza l’art. 4 distingue tra due categorie di strumenti di controllo:

  • strumentazioni utilizzate per esigenze organizzative, produttive, per la tutela del patrimonio aziendale o per la sicurezza sul lavoro dalle quali deriva ANCHE la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori (ad esempio impianti di video sorveglianza): per l’installazione di questi quali è richiesto preventivo accordo collettivo con la RSU e le RSA (o autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro);
  • gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e gli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze: per l’installazione di questi non è richiesto alcun accordo e/o autorizzazione.

Sul punto è intervenuto l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), che – tramite a propria Circolare n. 2 del 7 novembre 2016 – ha fornito indicazioni operative relativamente a un tema molto “caldo”, ossia quello dei GPS (Global Positioning System, ossia “sistema di posizionamento globale”) montati su autovetture aziendali. Secondo le disposizioni dell’INL “si può ritenere che i sistemi di geo-localizzazione (GPS) rappresentino un elemento aggiunto agli strumenti di lavoro, non utilizzati in via primaria ed essenziale per l’esecuzione dell’attività lavorativa ma, per rispondere ad esigenze ulteriori di carattere assicurativo, organizzativo, produttivo o per garantire la sicurezza del lavoro”.

Di conseguenza tali dispositivi devono ritenersi rientranti nella prima categoria prevista sopra e potranno essere installati solo previo accordo stipulato con la rappresentanza sindacale, ovvero, in assenza di questo, previa autorizzazione da parte dell’Ispettorato (locale o nazionale) del Lavoro.

Solo in casi particolari, ossia quando i sistemi di localizzazione siano installati per consentire la concreta ed effettiva attuazione della prestazione lavorativa (quando non è possibile renderla senza tali strumenti), ovvero quando l’installazione sia richiesta da specifiche normative (ad esempio uso dei sistemi GPS per il trasporto di portavalori superiore a € 1.500.000,00, ecc.) si può ritenere che gli stessi diventino veri e propri strumenti di lavoro (come previsto nella seconda categoria sopra), dunque senza necessità di accordo/autorizzazione preventiva.

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