Il c.d. Decreto Semplificazioni [1], tra le tante deleghe previste nel Jobs Act [2], attua anche quella di introdurre modalità semplificate per garantire la data certa e l’autenticità della manifestazione di volontà della lavoratrice o del lavoratore in relazione alle dimissioni o alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.
Lo strumento scelto dal legislatore per raggiungere l’obiettivo è la presentazione in via telematica delle dimissioni (o delle risoluzioni consensuali) da parte del dipendente tramite un modulo specifico che dovrà essere inoltrato telematicamente dal dipendente stesso al datore di Lavoro e alla DTL territorialmente competente tramite apposita procedura, regolata da un decreto ministeriale recentemente pubblicato [3].
In sostanza – a decorrere dalla data di entrata in vigore della nuova normativa, ossia dal 12 marzo 2016 – il lavoratore dimissionario (o sottoscrivente un atto di risoluzione consensuale) dovrà presentare l’atto di cessazione del rapporto compilando e inviando l’apposito modello, che verrà poi trasmesso telematicamente attraverso il sito del Ministero del Lavoro. Dalla data di vigenza della nuova procedura sarà parallelamente abrogata la procedura su dimissioni e risoluzioni consensuali delineata nel 2012 dalla Riforma Fornero [4] (che profilava due fasi: la presentazione delle dimissioni e la successiva conferma delle stesse).
Si precisa che la nuova procedura si applica solo ai rapporti di lavoro subordinato (sono dunque esclusi i rapporti di lavoro autonomo e di parasubordinazione, quali co.co.co.); risultano inoltre esclusi dal campo di applicazione della nuova normativa il lavoro domestico e le dimissioni/risoluzione consensuale disposta nelle sedi conciliative [5].
Dalla nuova procedura sono inoltre escluse le dimissioni della lavoratrice madre, per le quali il T.U. sulla bigenitorialità [6] continua a recitare che «La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento […] devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida è sospensivamente condizionata l’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro».
È confermato il c.d. diritto di ripensamento [7]: il lavoratore può, entro 7 giorni dalla data di trasmissione del modulo, revocare le dimissioni e la risoluzione consensuale con le medesime modalità di invio.
La mancata effettuazione della procedura produrrà l’inefficacia delle dimissioni/risoluzione consensuale.
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La nuova procedura può essere così sintetizzata:
1) il lavoratore, se non assistito da un soggetto abilitato, deve:
- richiedere il codice PIN INPS accedendo al sito INPS (sempreché non l’abbia già ottenuto in passato);
- registrarsi al Ministero del Lavoro, accedendo l’accesso al sito Cliclavoro.gov.it (sempreché non l’abbia già fatto in passato).
2) il lavoratore, in autonomia o con l’assistenza di un soggetto abilitato (ossia Patronati, Organizzazioni sindacali, enti bilaterali, commissioni di certificazione) deve
- accedere al sito del Ministero del Lavoro;
- andare alla pagine dedicata e aprire il form on-line per l’immissione dei dati relativi alla comunicazione di dimissioni o di revoca;
- inviare il modello.
3) il modulo di dimissioni/risoluzione consensuale/revoca verrà trasmesso:
- al datore di lavoro;
- alla Direzione territoriale del lavoro competente.
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Ma che succede se il lavoratore non adempie all’onere (non sanzionato) di trasmettere in via telematica il modulo di dimissioni?
Sul punto il Ministero del Lavoro si era già pronunciato [8], evidenziando che «nei casi in cui il lavoratore receda dal rapporto di lavoro in modo informale e non sia rintracciabile, resta ferma la possibilità da parte del CCNL di ritenere tale comportamento un fatto concludente dal quale possa presumersi la volontà di dimettersi. Anche in assenza di esplicita previsione nella contrattazione collettiva appare possibile, sia pure in casi del tutto residuali, che la prolungata assenza ingiustificata del lavoratore dal luogo di lavoro, assuma valore di fatto concludente, dal quale possa presumersi la volontà di dimettersi […], senza pertanto l’attivazione della procedura in esame».
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[1] D. Lgs. 14 settembre 2015, n. 151.
[2] L. 10 dicembre 2014,n. 183.
[3] Decreto MLPS 15 dicembre 2015, pubblicato in G.U. in data 11 gennaio 2016.
[4] L. 28 giugno 2012, n. 92./2012
[5] sede giudiziale ex art. 185 c.p.c., sede amministrativa avanti alla DTL ex artt. 410 e 411 c.p.c, sede sindacale ex artt. 411, co. 3 e 412-ter c.p.c., sede arbitrale ex art. 412-quater c.p.c., sede certificativa ex art. 76 D. Lgs. 276/2003.
[6] art. 55, comma 4, D. Lgs. 151/2001.
[7] art. 26, comma 4, D. 151/2015.
[8] Circolare MLPS 4 marzo 2008.