CONSULENTE DEL LAVORO:
il professionista poliedrico
Il Consulente del Lavoro (CdL) è il professionista per definizione esperto nella gestione del personale dipendente: non è dunque solo un esperto di diritto del lavoro, ma è anche depositario di quelle numerose conoscenze di diritto civile, previdenziale e tributario legate ai rapporti di lavoro. Il suo cliente principale è il datore di lavoro (inteso in senso lato), assistito in relazione a tutti gli aspetti che un rapporto di lavoro profila: dall’inquadramento civilistico del rapporto agli effetti previdenziali e fiscali per le parti contraenti, sino all’analisi dei costi diretti e indiretti del rapporto, riservando costante attenzione alle eventuali attività di accertamento attivabili dallo Stato nel vigilare su tali rapporti.
Il CdL è quindi un professionista dell’area giuridico-economica, esercitante le proprie attività soprattutto nell’ambito di realtà imprenditoriali: la sua funzione si colloca in posizione centrale tra impresa, istituzioni pubbliche e lavoratori, dal momento che egli funge da intermediario del datore di lavoro dinanzi agli enti pubblici (principalmente – ma non solo – INPS, INAIL e Agenzia delle Entrate) per comunicare a questi dati e informazioni relativi ai rapporti intercorrenti tra il Datore di Lavoro e i rispettivi Lavoratori.
Il CdL è per forza di cose un professionista giovane, non solo per la propria forma mentis (necessaria per mantenere aggiornata una preparazione così trasversale, come quella che oggi il mercato richiede), ma anche anagraficamente: il legale riconoscimento dell’Albo dei Consulenti del Lavoro si è avuto infatti con la Legge 12 ottobre 1964, n. 1081, anche se le origini della professione risalgono di fatto al 1953, anno di costituzione dell’ANCL – Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro, il sindacato di categoria.
La figura del CdL è in continuo divenire, poiché le stesse materie principali del suo interesse (il diritto del lavoro, il diritto della previdenza sociale e il diritto tributario) sono oggetto di continua (e spesso repentina) evoluzione. Abituato ad aggiornare se stesso e il proprio bagaglio culturale, il CdL è passato da mero “tenutario dei libri paga” (come veniva semplicisticamente chiamato negli anni ’50) e conoscitore della tecnica retributiva e contributiva aziendale, a figura conosciuta e apprezzata nel panorama delle libere professioni, al pari di altre figure storicamente più note (come avvocati e commercialisti). A partire dagli anni ’90 il ruolo dei Consulenti del Lavoro si è andato sempre più affermando per la particolare formazione culturale eterogenea e per le proprie competenze professionali di natura trasversale, non solo in materia contabile e di consulenza fiscale, ma anche e soprattutto in ambito giuslavoristico, avvalorando così quella linea di pensiero che oggi lo identifica come una sorta di dirigente esterno della piccola-media impresa.
Non è dunque un caso che molteplici siano le attività che il CdL effettua – principalmente in ambito giuslavoristico e tributario – sia a favore di imprese che di privati cittadini: tra queste rientrano (in via certamente non esaustiva) la già menzionata gestione di tutti gli aspetti (civilistici, amministrativi, contabili, economici, assicurativi e previdenziali) che la stipula di un contratto di lavoro (subordinato, parasubordinato o autonomo) comporta, l’assistenza e la rappresentanza in sede contenziosa amministrativa con gli enti previdenziali, assicurativi e ispettivi del lavoro, l’analisi dei costi d’impresa per la definizione del prezzo finale del prodotto/servizio, la redazione di dichiarazioni dei redditi (delle imprese e dei privati), l’assistenza fiscale e tributaria in sede di contenzioso, la tenuta delle scritture contabili e la trasmissione telematica delle dichiarazioni fiscali e previdenziali.
Quella del CdL rientra inoltre tra le cosiddette “professioni intellettuali”, ossia quelle professioni il cui esercizio è consentito dalla legge solo a seguito di iscrizione in ordini o collegi subordinatamente al possesso di particolari qualifiche e all’accertamento di specifiche professionalità, contraddistinte da alcuni elementi fondamentali, quali la personalità dell’attività, l’abitualità della prestazione, l’autonomia, la libertà e la rilevanza sociale. In tal senso risulta particolarmente significativo il ruolo di terzietà che i circa 28.000 CdL di oggi in Italia assumono ogni giorno nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni (gestendo – per conto di un milione di aziende – circa 7 milioni di buste paga ogni mese): i CdL svolgono infatti quel ruolo essenziale di “cerniera” tra le istanze dei privati e le esigenze delle istituzioni pubbliche in ambito giuslavoristico e previdenziale. Tale professionista oggi non è infatti “ciecamente schierato” dalla parte del Datore di Lavoro, proprio cliente, ma anzi recita un ruolo attivo per la creazione di un percorso virtuoso tra gli obblighi imposti dalla legge e dalla contrattazione collettiva sia ai datori di lavoro che ai lavoratori, in applicazione dei principi costituzionalmente previsti in materia di lavoro e previdenza e assistenza sociale.
In questo senso va dunque osservato il logo dei Consulenti del Lavoro, simbolo che nasce dalla rielaborazione stilistica di un triangolo equilatero, i cui vertici sono idealmente collegati a due a due con un lato in comune: in questa geometria di evidente collegamento va vista la volontà di rappresentare il profondo rapporto fondato sull’equilibrio fra il Professionista, la Società e il (mondo del) Lavoro. Nella sua accezione generale, il logo si propone dunque come un manifesto programmatico di sviluppo nell’equidistanza fra Consulenti, Istituzioni e mondo imprenditoriale.
Oggi la normativa professionale riferimento della categoria è racchiusa nella Legge 11 gennaio 1979, n. 12, che ha ulteriormente disciplinato il ruolo del consulente del lavoro, prevedendo l’istituzione dell’Ordine, definendone con chiarezza l’oggetto professionale, introducendo alcune norme per combattere l’esercizio abusivo della professione e fissando i requisiti per l’iscrizione all’Albo: oggi per accedere alla professione è necessario infatti il conseguimento di una laurea in consulenza del lavoro, giurisprudenza, economia o scienze politiche, nonché lo svolgimento di un periodo di praticantato di 18 mesi, coronato dal superamento di un esame di stato (consistente in due prove scritte e una orale presso una sede interregionale del Ministero del Lavoro).
A seguito dell’abolizione delle tariffe professionali, oggi il compenso spettante al consulente del lavoro viene pattuito in via diretta tra il Professionista e il Cliente. Solo in caso di mancato accordo, trova applicazione il regolamento di cui al D.M. 21 febbraio 2013, n. 46, recante i parametri per la liquidazione giudiziale dei compensi spettanti agli iscritti all’albo dei consulenti del lavoro.